10.3.08

La lotta per la vita


Roma - «L’uomo resta uomo con la sua dignità anche se è in coma o è ancora un embrione». Lo ha detto Papa Ratzinger durante l’omelia – che ha pronunciato a braccio, lasciando da parte il testo preparato – della Messa celebrata ieri mattina nella chiesa romanica del «Centro internazionale giovanile San Lorenzo», a due passi dal Vaticano. Il Centro celebra in questi giorni il suo venticinquesimo anniversario, essendo stato voluto e inaugurato da Giovanni Paolo II nel 1983.«La medicina – ha spiegato Benedetto XVI – è una grande lotta per la vita, tutta la scienza è una grande lotta per la vita». Ma, ha aggiunto il Papa, «non possiamo sperare nel prolungamento infinito della vita» anche perché «se si trovasse la pillola dell’immortalità, essa sarebbe una pillola della biosfera. Il mondo si riempirebbe di vecchi. Uno scenario spaventoso. Non si può quindi sperare nel prolungamento biologico della vita». «Nello stesso tempo però aspiriamo all’eternità», ha aggiunto, «ecco dunque che arriva la Parola di Gesù: “Io sono la resurrezione”. Attraverso Gesù abbiamo già attraversato la soglia della morte. L’eucaristia è il farmaco dell’eternità». Benedetto XVI ha anche ammonito che la «vita in abbondanza» che offre il Vangelo non va scambiata con una vita dove è possibile «fare tutto, avere tutto», perché «in quel caso viviamo per le cose morte».

«Tutti noi siamo aspettati», ha detto ancora il Papa paragonando l’umanità ai prigionieri in Russia durante la Seconda guerra mondiale, «sopravvissuti perché sapevano che qualcuno li aspettava». «Questo amore che li aspettava era la medicina della vita contro tutti i mali. Tutti noi siamo aspettati dal signore, che ci prende per mano».

Poco dopo, all’Angelus, Benedetto XVI ha lanciato un appello perché cessino violenze e vendette in Medio Oriente. «Nei giorni scorsi la violenza e l’orrore hanno nuovamente insanguinato la Terra Santa, alimentando una spirale di distruzione e di morte che sembra non avere fine», ha detto il Pontefice. Dopo aver pregato per le vittime, il Papa ha incoraggiato «le autorità israeliane e palestinesi nel loro proposito di continuare a costruire, attraverso il negoziato, un futuro pacifico e giusto per i loro popoli e a tutti chiedo, in nome di Dio, di lasciare le vie tortuose dell’odio e della vendetta e di percorrere responsabilmente cammini di dialogo e di fiducia». Infine, il Papa ha ricordato il vescovo Rahho, rapito dai terroristi e «tanti iracheni che continuano a subire una violenza cieca ed assurda, certamente contraria ai voleri di Dio».

di Andrea Tornielli - da Il Giornale, 10 marzo 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good