8.1.08

Don Ciccio non sbaglia un colpo


IN NOME DELLA RAGIONE LAICA

Caro direttore - La seguo con simpatia ed amicizia da tempo, ma soprattutto in questo momento sento il bisogno di esprimerle tutta la mia solidarietà, non tanto per la battaglia che sta conducendo a favore di una moratoria dell’aborto, quanto per la difesa della “ragione laica” in essa sottesa. E’, infatti, in nome di ragioni, che “appartengono a chi è dentro e a chi è fuori le mura della chiesa o delle chiese” (cfr. il Foglio, 7 gennaio 2008), supportate anche dalla documentazione che viene dal progresso scientifico, che Lei sta difendendo il “diritto di nascere” di chi, fin dal primo momento del concepimento, non può non essere considerato un vivente umano. Ritengo, pertanto, che dietro la battaglia per la moratoria dell’aborto se ne stia giocando un’altra ancora più decisiva, cioè quella a favore di una ragione comune che stia a fondamento di uno stato democratico. Ha scritto Jürgen Habermas: “L’idea di sé dello stato costituzionale democratico si è sviluppata nel quadro di una tradizione filosofica che si richiama alla ragione ‘naturale’, dunque unicamente ad argomentazioni pubbliche, che pretendono di essere parimenti accessibili a tutte le persone. L’assunzione di una comune ragione umana è il fondamento epistemico della giustificazione di un’autorità statale laica, che non dipende più da legittimazioni religiose” (“Tra scienza e fede”, Laterza, Roma-Bari, 2006, p. 24). Forse questo è il vero motivo per cui questo grande pensatore europeo viene avversato da alcuni laici, o meglio laicisti, italiani. Flores d’Arcais gli ha dedicato l’editoriale dell’ultimo numero di “Micromega” dal titolo “Undici tesi contro Habermas”, nelle quali afferma che la ragione, cui Habermas brucia incenso, non è ragione, ma è teologia: “E’ restaurazione omnipervasiva della teologia contro le conquiste della moderna scepsi critico-empirica”. Ma, negata una comune ragione naturale, perché “contro le conquiste della moderna scepsi critico-empirica”, e quindi la possibilità di una ragione squisitamente laica, su che cosa sarebbe possibile fondare il diritto, se non sulle ragioni del più forte, che potrebbe essere anche una maggioranza democratica?

don Francesco Ventorino, il Foglio, 8 gennaio 2008

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