da www.tempi.it
Mio caro Malacoda, in Italia è il pomeriggio di giovedì 17 luglio 2008, ti scrivo oggi perché, avendo appena ascoltato il discorso di Benedetto XVI sul molo di Barangaroo a Sydney, il suo primo saluto ai giovani della Gmg, mi sono molto preoccupato e devo correre in Australia, prima che faccia troppi danni. I giornali titoleranno sui passaggi ecologici del suo discorso, ma ti basti l’incipit sulla Chiesa per capire dove può andare a parare: «La giovane comunità cristiana si fece avanti per opporsi alla perversità della cultura che la circondava, per prendersi cura dei propri membri, per difendere la propria fede in Gesù di fronte alle ostilità e per guarire i malati. E in adempimento del comando di Cristo stesso, partirono, testimoniando la storia più grande di tutti i tempi: quella che Dio si è fatto uno di noi, che il divino è entrato nella storia umana per poterla trasformare». Non c’è di che stare tranquilli. Qui in Italia vedo che invece le cose procedono per il meglio e volevo lasciarti alcune consegne prima di partire. È in atto da tempo, nel mondo politico e culturale, un fenomeno che vorrei tu continuassi a incoraggiare: l’arte del posizionamento. Mutuata dal marketing, questa tecnica è esattamente l’opposto di quello che si chiede a un politico: prendere posizione; e consiste nel cogliere quelli che ecclesialmente si chiamerebbero i segni dei tempi (è attività non snobbata anche da molti presuli) e farli propri, o comunque assecondarli cercando di farsi trovare alla stazione giusta per quando vi passerà il treno dell’opinione pubblica o quello del potere (spesso sono due carrozze dello stesso convoglio). Un esempio, la privacy. Tutti hanno sempre pensato che il privato e l’intimo fossero realtà appunto private e intime, da non divulgare in pubblico se non attraverso quella forma di comunicazione incontrollabile – nei suoi canali di diffusione e nella sua veridicità – che è il pettegolezzo. Era costume, non legge. Era una norma non scritta, e forse per questo più rispettata. Poi c’è venuto il colpo di genio della legge sulla tutela della privacy. Il risultato è stato, oltre all’istituzione di un’Authority alla bisogna, la proliferazione incontrollata della modulistica da compilare per ogni tipo di pratica e (post hoc? propter hoc? ad hoc?) lo sputtanamento generalizzato a mezzo stampa del privato di cittadini più o meno illustri attraverso la pubblicazione delle intercettazioni: il pettegolezzo istituzionale con garanzia delle procure. Tutto questo è andato avanti per anni in nome dei superiori interessi della giustizia. Quando non si è pubblicato qualcosa, si è lasciato intendere di averlo letto e se ne è diffusa la sintesi, con il risultato che tutti gli italiani sono convinti di avere ascoltato certe telefonate della cui esistenza non hanno la minima prova se non la fiducia accordata a qualche direttore di giornale. Bene, cosa ti fa il garante italiano della privacy in questa situazione? Tace per anni, fino a ieri, mercoledì 16 luglio, quando in preda a un accesso di coraggio denuncia «la diffusione delle intercettazioni, una anomalia tutta italiana». Ecco, questo si chiama posizionamento, mettersi là dove sono già quasi tutti. È frutto di una virtù che noi dobbiamo assolutamente incoraggiare: la tiepidezza, quella pavidità mascherata da pazienza e da prudenza che fa vomitare il Nostro Nemico. So che ti fa schifo, ma quelli che lui vomita sono il nostro cibo.