12.7.08

«L’agonia di Eluana sarà lunga e dolorosa»


da www.avvenire.it

Il neurologo che ha visitato la giovane: sta bene, per spegnersi impiegherà almeno 15 giorni

Eluana non morirà in fretta. Ci vorranno almeno due set­timane, dal momento della sospensione dell’alimentazione con il sondino, prima che la sua vita si spenga. Il corpo della gio­vane è infatti in buone condizio­ni grazie alle cure ricevute in que­sti 16 anni dalle Suore Misericor­dine della clinica lecchese « Tala­moni » . E per lei saranno giorni di sofferenza fisica.

Lo assicura Giuliano Dolce, 80 an­ni, direttore scientifico della cli­nica Sant’Anna di Crotone, scien­ziato di fama internazionale, uno dei luminari italiani nella cura de­gli stati vegetativi. Il quale preci­sa: «Non parlo per sentito dire. Ho visitato Eluana lo scorso gennaio, d’accordo con la famiglia e i le­gali. Ho visto che è stata curata bene e con molto affetto dalle suore. Per questo affermo che, quando le verrà tolto il sondino per l’alimentazione, ci vorranno almeno due settimane prima che arrivi la morte. Il suo sarà un viag­gio lungo, come accadde per la povera Terry Schiavo negli Stati Uniti qualche anno fa ».

Una persona in coma soffre se le viene tolta l’alimentazione?

«Si, la sofferenza fisica è scienti­ficamente provata nei pazienti in stato vegetativo. L’incredibile sen­tenza del tribunale di Milano pre­senta comunque diversi aspetti contraddittori dal punto di vista medico » .

Quali?

«A mio avviso la contraddizione scatta nel punto in cui viene co­munque imposta, oltre che un’in­dispensabile umidificazione fre­quente delle mucose con l’ovatta bagnata sulle labbra, anche una somministrazione di ' sostanze i­donee ad eliminare l’eventuale disagio da carenza di liquidi'. Tra­dotto, la paziente deve essere i­dratata per evitarle sofferenza. Quindi non morirà di sete, ma di fame. E voglio vedere dove tro­verà un posto che la ospiterà pr morire. Non è un caso di eutana­sia, perché, ad esempio, in Olan­da si essa viene praticata su un malato che soffre molto e negli ultimi giorni della sua esistenza e ne fa richiesta. Questo è un o­micidio e dal punto di vista deontologico per un medico è inac­cettabile » .

Il punto è: alimentazione e idra­tazione sono o no un atto tera­peutico?

«No. In Francia e Germania sono un atto dovuto per legge. In Italia la legge la sta facendo il tribuna­le di Milano e non il Parlamento e contrasta con quanto deciso dalla Commissione nazionale di bioetica. Eluana è come un neo­nato: se le togli il latte muore perché non è in grado di ali­mentarsi da so­la. Come si può dire che nutrir­la è un atto di cura? Clinica­mente non è malata, è un pa­ziente guarito con difetto » .

Cosa significa?

«La ragazza è in coma per una ce­rebropatia grave causata da un in­cidente stradale. Dopo un anno in medicina chi sopravvive è con­siderato clinicamente guarito. Quindi non viene più curato, ma sottoposto a nursing, cioè alla nu­trizione, alla riabilitazione passi­va quotidiana e alle cure che pre­vengono, ad esempio, le piaghe da decubito. Ma è guarito con di­fetto, nel suo caso gravissimo, perché non ha ripreso coscienza. Quindi va considerata una disa­bile, probabilmente sulla frontie­ra estrema della disabilità. La sen­tenza si basa sulle teorie di chi so­stiene che la vita in stato vegeta­tivo sia peggiore della morte. In­vece per me, che mi occupo di questi pazienti da molto tempo, è vita vera. Al momento la donna ha una sua vita sociale, è assisti­ta da una suora che le vuole bene e che quando la ragazza se ne an­drà probabilmente soffrurà mol­tissimo. La famiglia e gli amici la vanno a visitare, le fanno sentire affetto, non è sola. Non ci manda segnali, ma chi sa cosa prova in si­lenzio davanti a questo amore? » .

Possono provare emozioni i pa­zienti nelle sue condizioni?

«Certo. A Crotone, in 12 anni ab­biamo verificato le alterazioni provocate dall’ascolto della voce della mamma. In altri casi arros­siscono. Dipende dalle loro con­dizioni » .

Eluana Englaro è in stato vege­tativo da 16 anni. C’è un limite temporale oltre il quale non ci si risveglia?

«Non si può dirlo con cognizione scientifica. All’ultimo convegno mondiale sui danni cerebrali di Lisbona, in aprile, è stato citato il caso di un paziente statunitense che si è risvegliato dopo 18 anni. In letteratura ci sono molti e­sempi di persone risvegliatesi do­po molto tempo. Superati i primi due anni di coma, si può soprav­vivere a lungo. È superato il ter­mine di stati vegetativi ' perma­nenti' usato nella sentenza mila­nese, la definizione corretta è ' persistenti'. Perciò per la nostra professione l’esecuzione della sentenza è pericolosa, perché po­trebbe lasciare a qualcuno, me­dico o giudice, il potere di stabi­lire quando finisce la vita, var­cando frontiere etiche e di ci­viltà » .

Quanti sono i pazienti in stati ve­getativo in Italia?

«Diverse migliaia, impossibile stabilirlo in mancanza di una banca dati. Nel 2005 erano 2500, un terzo bambini. L’incidenza è di 1800 nuovi casi all’anno. La Lombardia ad esempio tre mesi fa ha approvato la creazione di 500 nuovi posti letto in hospice. Oltre ai pazienti in coma per trau­ma, ci sono quelli il cui cervello è rimasto danneggiato per man­canza di ossigeno, chi ha avuto un ictus, chi un infarto. Gli ulti­mi anni di vita dei malati di Alzheimer spesso vengono tra­scorsi in stato vegetativo. Dopo Eluana potrebbero verificarsi molti casi » .

Lei fa parte di un’associazione di bioeticisti laici e cattolici, «Vi.ve», vita vegetativa. Cosa farete?

«Prima di tutto faremo appello al procuratore generale della re­pubblica di Milano perché pre­senti ricorso contro la sentenza. Poi utilizzeremo tutti gli stru­menti giuridici disponibili contro il medico che eseguirà la senten­za » .

Il professore Giuliano Dolce è un luminare nella cura degli stati vegetativi. La giovane lecchese, spiega, morirà di fame e il dolore fisico in questi pazienti è dimostrato in maniera scientifica.

Questo, conclude, è omicidio

2 commenti:

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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