22.7.08

Le scimmie, la persona umana e lo zoologicamente corretto


da www.ilfoglio.it

Nel 1993 lo studioso di Princeton Peter Singer, con la sua collaboratrice Paola Cavalieri, fondò il Great Ape Project, il Progetto Grandi Scimmie. Singer è un bioeticista e animalista. Pensa che gli scimpanzè, gli orango (da orang-utan, in malese, per uomo della foresta) e i gorilla siano dotati di pensiero, qualunque cosa il termine “pensiero” stia ad indicare, e che abbiano una vita emozionale sviluppata, incardinata sull’autocoscienza personale: in quanto esseri sensibili, e nostri cugini primi dal punto di vista genetico, questi animali si prestano al ruolo di portabandiera della liberazione animalista, e sono i campioni giusti per la lotta zoologicamente corretta contro la schiavitù animale, contro lo specismo, una variante del razzismo altrettanto obbrobriosa. Un mese fa la commissione ambiente delle Cortes spagnole ha preso in carico il Great Ape Project e così, per la prima volta, un Parlamento nazionale ha stabilito le condizioni di libertà o di custodia al solo scopo conservativo, insomma i diritti civili, degli animali non umani dai quali secondo Darwin l’uomo discende.

Osservatori di vario conio conservatore hanno commentato: e al toro quando cominceremo a pensarci, caballeros? Ma se l’ironia è una cifra possibile, in realtà la faccenda è più complicata di quanto sembri. L’animalismo liberazionista, insomma l’ideologia radicale di tutela degli altri animali, quelli non umani, ha per sé certamente lo spirito del tempo. E pensa ai cavalli, che non dovrebbero più tirare le carrozze. Alle galline, che non dovrebbero essere ridotte in schiavitù, ovvero ristrette nei pollai e nei pollai industriali, per fare le uova che mangiamo. Ai conigli, i cui allevamenti da carne vanno distrutti. Che la faccenda si complichi anche politicamente, a sentire la denuncia dello stesso Peter Singer, lo si vede dal caso austriaco, con dieci leader animalisti detenuti da oltre un mese in condizioni legali curiose o decisamente ambigue. Non abbiamo dimenticato, d’altra parte, quella muta icona contemporanea che è l’assassino di Pim Fortuyn, un militante animalista e vegetariano integrale che non ha mai spiegato perché si sia accanito a morte contro un difensore umanista della civiltà occidentale come il politico olandese libertario e dandy. Forse non c’era alcunché da spiegare, era tutto molto chiaro.

La vicenda ideologica e militante dell’animalismo radicale va seguita meglio di quanto non si sia finora riusciti a fare, per la semplice ragione che l’amore portato al concetto di animalità o di vivente non umano, compresa la mistica del romanticismo verde, è direttamente proporzionale al disprezzo per la persona umana di cui il nostro tempo è testimone. Vi abbiamo raccontato in passato le idee di Singer sulla bioetica, ma si può e si deve fare meglio. Gli animalisti integrali sono l’avanguardia pensante, e che non ha affatto l’aria di scherzare, di un’orda barbarica capace di rinnovare la nostra civiltà. L’umanesimo è considerato una vecchia inservibile scarpa spaiata. Alla corposa e giocosa parte in commedia di uomini donne e bambini, che divorano uova e vanno allo zoo, si va sostituendo un qualche nuovo copione. Da leggere.

Giuliano Ferrara

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