Humphrey Bogart
17.12.08
12.12.08
Busillis
27.11.08
17.11.08
L’ora delle tenebre e della vergogna
Una civiltà che è durata quasi tremila anni e in cui si sono sintetizzati mirabilmente il genio filosofico della grecità; il diritto romano, fonte di ordine alla convivenza universale; l’irripetibile ed irriducibile annuncio della fede, rivelazione di Dio e salvezza dell’uomo; la grande esperienza della laicità come libertà di coscienza e di ricerca. La civiltà dell’uomo e per l’uomo, indisponibile a tutto, perché disponibile solo al Mistero. La persona umana, una, unica ed irripetibile, protagonista della sua propria storia e di tutta la storia dell’umanità.
Tutto questo non esiste più. Preparato da altri eventi che si sono dispiegati negli ultimi 40 anni e hanno progressivamente annullato l’identità e la dignità della persona, quest’ultimo tratto di penna di oscuri burocrati della Magistratura italiana cancella un’epoca grandiosa.
Finisce «l’Italietta», nata male e finita peggio: piccola e quasi insignificante provincia nel grande impero della sazietà e della disperazione.
Chi può e vuole, lavori da subito alla nascita di una nuova civiltà: dovrà necessariamente avere forme e modi nuovi, inizi più umili, ma in essa dovrà battere il cuore antico, che non è stato distrutto perché non può essere distrutto. Il cuore dell’uomo infatti è indistruttibile.
In questa impresa, del far nascere finalmente quella che già Giovanni Paolo II aveva definito la «civiltà della verità e dell’amore», il popolo cristiano saprà fare la sua parte. Ed è certo che avrà accanto moltissimi uomini di buona volontà.
+ Luigi Negri, Vescovo di San Marino - Montefeltro
5.11.08
Il padrone del mondo
Era complesso e semplice come la vita: semplice nell'essenza, complesso nella creatività. Ma la prova suprema della sua straordinaria missione era rivelata in quel messaggio immortale. Non si poteva aggiungere una sola parola a ciò che lui aveva generato: le linee direttive più divergenti, infatti, convergevano in lui, punto di partenza e punto d'arrivo. Nessuno ancora pensava se egli avrebbe dato o no prova della sua immortalità; sarebbe stato certamente positivo se la vita avesse rivelato in lui il suo sommo segreto: ma non era poi così necessario. Il suo spirito, infatti, riempiva il mondo: l'individuo non era più distinto dai suoi simili e la morte era da ritenersi come un increspamento che si produce qua e là sul placido mare.
Robert Hugh Benson, Il padrone del mondo
4.11.08
16.10.08
Perchè nessuno ne parla?
Da www.corriere.it del 15 ottobre.
LECCO – Un cambiamento nella vita vegetativa di Eluana Englaro. Un «evento eccezionale» che potrebbe mettere in discussione la sua apparente immutabilità. Lo sostengono 25 associazioni di medici, avvocati, specialisti di stato vegetativo, oltre a familiari di pazienti, che hanno preso in esame la recente crisi emorragica che sabato scorso ha ridotto la donna in fin di vita. «Abbiamo scoperto che Eluana ha ripreso il ciclo mestruale dopo 14 anni di amenorrea», spiega Giuliano Dolce, neurologo, presidente di Vive, organizzazione che riunisce un gruppo di medici e giuristi. «Questo significa che l’ipofisi, una ghiandola importante alla base del cervello, ha ricominciato a funzionare. Non abbiamo mai osservato un caso simile. È indispensabile approfondire le cause per capire che cosa sta succedendo».
APPELLO - Questa, in generale, la riflessione, alla base dell’appello spedito lunedì alla Procura generale di Milano, firmato, oltre che da Vive, da Arco 92, associazione di parenti di persone in stato vegetativo, e dalla Federazione nazionale associazioni traumi cranici: «Sollecitiamo un nuovo intervento della magistratura sul caso Englaro», scrivono. «Alla luce di quanto avvenuto nei giorni scorsi, ci rivolgiamo al Procuratore generale della Repubblica di Milano affinché presenti senza indugio ricorso nel merito avverso il provvedimento della Corte d’appello per avere la stessa completamente disatteso i principi di diritto espressi dalla Cassazione, cui il giudice di rinvio avrebbe dovuto conformarsi». Lo scopo? Ulteriori accertamenti sullo stato vegetativo di Eluana; di fatto, cercare di impedire che venga applicato il decreto che autorizza il padre Beppino a interromperle alimentazione e idratazione artificiale.
PRECEDENTI - Non è la prima volta che esperti e familiari scendono in campo contro la sentenza Englaro. Risale allo scorso luglio un precedente appello rivolto sempre alla Procura generale di Milano. Il provvedimento venne impugnato in agosto con richiesta di sospensiva alla Corte di cassazione. La decisione è fissata per l’11 novembre. Sulla possibilità di un nuovo ricorso è certa Rosaria Elefante, giurista esperta in bioetica, del gruppo Vive: «Non ci sono dubbi, sono ancora in corso i termini perché
Grazia Maria Mottola
12.10.08
Le Nozze di Figaro - Teatro alla Scala 11/10/08
CHERUBINO:
Voi che sapete che cosa è amor,
donne, vedete s'io l'ho nel cor.
Quello ch'io provo vi ridirò,
è per me nuovo, capir nol so.
Sento un affetto pien di desir,
ch'ora è diletto, ch'ora è martir.
Gelo e poi sento l'alma avvampar,
e in un momento torno a gelar.
Ricerco un bene fuori di me,
non so chi'l tiene, non so cos'è.
Sospiro e gemo senza voler,
palpito e tremo senza saper.
Non trovo pace notte né dì,
ma pur mi piace languir così.
Voi che sapete che cosa è amor,
donne, vedete s'io l'ho nel cor.
Lorenzo Da Ponte, Le Nozze di Figaro, scena II, atto II
9.10.08
Facebook: amici per sempre.
Dopo aver letto l'articolo di Annalena sul quel diabolico aggeggio chiamato Facebook, mi sono armato di buona volontà e ho dato l'estremo saluto ai miei 503 amici virtuali. Dopo aver chiuso l'account è comparso però questo strano mesaggio: "Il tuo account è stato disattivato. Per riattivarlo accedi normalmente e ti invieremo una e-mail di riattivazione. Torna presto. Il Team di Facebook." Morale della favola: ho perso 503 amici virtuali, ma ho trovato un gruppo di sconosciuti altrettanto virtuali che sanno tutto di me e non vedono l'ora che torni a trovarli.
1.10.08
A proposito di testamento biologico
C.S. Lewis, Diario di un dolore.
1.9.08
"Contessa perdono..."
IL CONTE
Contessa, perdono!
LA CONTESSA
Più docile io sono,
e dico di sì.
TUTTI
Ah, tutti contenti
saremo così.
Questo giorno di tormenti,
di capricci, e di follia,
in contenti e in allegria
solo amor può terminar.
Sposi, amici, al ballo, al gioco,
alle mine date foco!
Ed al suon di lieta marcia
corriam tutti a festeggiar!
"La musica del sublime perdono riempiva il teatro, conferendo a tutti i presenti una totale assoluzione. Tramite quel piccolo uomo, Dio riusciva a far giungere a tutti la propria voce irrefrenabilmente, rendendo più amara la mia sconfitta, ad ogni nota."
Amadeus, Miloš Forman
25.7.08
Dobbiamo incentivare la tiepidezza
da www.tempi.it
Mio caro Malacoda, in Italia è il pomeriggio di giovedì 17 luglio 2008, ti scrivo oggi perché, avendo appena ascoltato il discorso di Benedetto XVI sul molo di Barangaroo a Sydney, il suo primo saluto ai giovani della Gmg, mi sono molto preoccupato e devo correre in Australia, prima che faccia troppi danni. I giornali titoleranno sui passaggi ecologici del suo discorso, ma ti basti l’incipit sulla Chiesa per capire dove può andare a parare: «La giovane comunità cristiana si fece avanti per opporsi alla perversità della cultura che la circondava, per prendersi cura dei propri membri, per difendere la propria fede in Gesù di fronte alle ostilità e per guarire i malati. E in adempimento del comando di Cristo stesso, partirono, testimoniando la storia più grande di tutti i tempi: quella che Dio si è fatto uno di noi, che il divino è entrato nella storia umana per poterla trasformare». Non c’è di che stare tranquilli. Qui in Italia vedo che invece le cose procedono per il meglio e volevo lasciarti alcune consegne prima di partire. È in atto da tempo, nel mondo politico e culturale, un fenomeno che vorrei tu continuassi a incoraggiare: l’arte del posizionamento. Mutuata dal marketing, questa tecnica è esattamente l’opposto di quello che si chiede a un politico: prendere posizione; e consiste nel cogliere quelli che ecclesialmente si chiamerebbero i segni dei tempi (è attività non snobbata anche da molti presuli) e farli propri, o comunque assecondarli cercando di farsi trovare alla stazione giusta per quando vi passerà il treno dell’opinione pubblica o quello del potere (spesso sono due carrozze dello stesso convoglio). Un esempio, la privacy. Tutti hanno sempre pensato che il privato e l’intimo fossero realtà appunto private e intime, da non divulgare in pubblico se non attraverso quella forma di comunicazione incontrollabile – nei suoi canali di diffusione e nella sua veridicità – che è il pettegolezzo. Era costume, non legge. Era una norma non scritta, e forse per questo più rispettata. Poi c’è venuto il colpo di genio della legge sulla tutela della privacy. Il risultato è stato, oltre all’istituzione di un’Authority alla bisogna, la proliferazione incontrollata della modulistica da compilare per ogni tipo di pratica e (post hoc? propter hoc? ad hoc?) lo sputtanamento generalizzato a mezzo stampa del privato di cittadini più o meno illustri attraverso la pubblicazione delle intercettazioni: il pettegolezzo istituzionale con garanzia delle procure. Tutto questo è andato avanti per anni in nome dei superiori interessi della giustizia. Quando non si è pubblicato qualcosa, si è lasciato intendere di averlo letto e se ne è diffusa la sintesi, con il risultato che tutti gli italiani sono convinti di avere ascoltato certe telefonate della cui esistenza non hanno la minima prova se non la fiducia accordata a qualche direttore di giornale. Bene, cosa ti fa il garante italiano della privacy in questa situazione? Tace per anni, fino a ieri, mercoledì 16 luglio, quando in preda a un accesso di coraggio denuncia «la diffusione delle intercettazioni, una anomalia tutta italiana». Ecco, questo si chiama posizionamento, mettersi là dove sono già quasi tutti. È frutto di una virtù che noi dobbiamo assolutamente incoraggiare: la tiepidezza, quella pavidità mascherata da pazienza e da prudenza che fa vomitare il Nostro Nemico. So che ti fa schifo, ma quelli che lui vomita sono il nostro cibo.
Uomini e api
22.7.08
Le scimmie, la persona umana e lo zoologicamente corretto
da www.ilfoglio.it
17.7.08
Cieco, muto e infermo: nostro figlio vuol vivere.
da www.ilgiornale.it
Siamo i genitori di Andrea (e di altri 3 ragazzi) e, colpiti da quanto deciso ultimamente sulla vita di Eluana, vorremo fornire attraverso Il Giornale un contributo in merito alla comprensione della realtà.
Andrea, il nostro primogenito, ha quasi 16 anni, è handicappato grave con disabilità al 100%, non parla, non vede, non si muove volontariamente... insomma, come recita un suo certificato medico «necessita e necessiterà di assistenza continua per tutti gli atti quotidiani della vita».
Da qualche anno, grazie all'inserimento in un progetto sperimentale, ha iniziato a «dialogare» faticosamente con il mondo esterno con la tecnica della comunicazione facilitata.
Il brano che le inviamo è parte della trascrizione di un dialogo tra Andrea ed uno dei suoi dottori.
Grigio periodo di dolore è il mio. Fermamente ho chiesto a Dio di aiutarmi e di benedirmi. Ho personalmente già più volte offerto le mie sofferenze per altri e questa volta una parte devolvo a te, dottore. (...) ho tanta voglia di fare esperienze belle interiori e di amicizia ma sono dentro una condizione tale di dolore e fisica che non mi permette di fare tutto ciò che vorrei. Questo sono io: dolore e gioia allo stesso tempo. Grato sono alla vita e voglio che si sappia. Grato sono a te per le cure ed a tutti coloro che si preoccupano per me, per il mio presente e per il mio futuro. Sono dell'idea che bisogna dare più spazio a ciò che aiuta interiormente e spiritualmente. Lotta, sì, ma con meta il cielo e la nostra grande anima da coltivare. (...) Ci tengo a dire che non disdegno le cure e ciò che porta un benessere fisico e questo va tutelato, ma bene interiore porta anche benessere fisico quindi è primariamente da considerare. Grazie, ti voglio dire che sono felice di oggi e ti dono il mio grazie di cuore.
Non vogliamo giudicare assolutamente il padre di Eluana. Capiamo bene il suo dolore e, come lui subiamo la stessa lacerazione interiore quando guardiamo, ahimè troppo spesso, un figlio che soffre steso in un letto e gli siamo vicini. Non accettiamo e ci fa rabbrividire il triste moralismo infantile ed inconsapevole di tanti che giudicano la vita degna solo se di «qualità». Anche noi, presi, impregnati, dalla «mentalità dominante», riusciamo solo per brevi istanti ad intuire che le parole di nostro figlio «questo sono io: gioia e dolore allo stesso tempo» sono vere non solo per lui ma anche per noi. Esse rappresentano la realtà della condizione umana. Realtà dura, spigolosa, inaccettabile non solo per chi ha una coscienza di sé inconsapevolmente nichilista e gaudente, ma pur sempre strada per la felicità e non per una inutile spensieratezza. Sempre riprendendo le parole di Andrea: «Lotta, sì, ma con meta il cielo e la nostra grande anima da coltivare».
La battaglia è qui. È possibile essere felici come Andrea dice di essere quando tutto intorno dice che non serve cercare la felicità ma solo il divertimento e l’assenza di problemi? Rimuovere il dolore dalla vita è eliminare
Gabriella Mambelli
Acqua, acqua!
da www.ilfoglio.it
16.7.08
COSA STA ACCADENDO A ELUANA E A NOI?
La ragione quando non accetta la categoria della possibilità diventa violenta. La morte fa veramente paura. E questa paura va allontanata. Va allontanata dagli occhi e va allontanata come esistenza fisica, come ricordo. Il problema che solleva
Prof. Giancarlo Cesana, professore di igiene generale e applicata – Università degli Studi di Milano.
Per il video clicca qui.
Anche Celentano se n'è accorto...
Lettera al Corriere di Adriano Celentano, 16 luglio 2008
Caro Direttore,
certo non è difficile immaginare il grande disagio del padre di Eluana e il dolore che, giorno dopo giorno, ha potuto devastare il suo cuore nel vedere una figlia in quello stato. Dopo sette anni di dure battaglie per liberarla dalla morte, rassegnato all'impotenza, soprattutto da parte della scienza, la disperazione lo porta a iniziare una nuova battaglia, ma stavolta non contro la morte. Contro la vita. Quella vita che senza alcuna pietà tiene imprigionata la sua amata Eluana da 16 anni. Quella vita che non vuole cessare, ma che poco per volta fa morire di dolore chi gli sta intorno. Ed è proprio questo dolore così grande, troppo grande, che spinge il padre di Eluana a combattere perché qualcuno lo aiuti a liberare la figlia. Quella figlia che in un lontano giorno gli strappò una promessa: quella di interrompere ogni trattamento di sostegno, nel caso si fosse trovata nella situazione in cui, purtroppo ancora oggi, giace dopo 16 anni.
Una battaglia quella di Beppino Englaro che racchiude una contraddizione spaventosa, ma al tempo stesso, forse, il più grande gesto d'amore che un padre possa fare per una figlia. È chiaro che, per quanto mi riguarda, essendo un credente, nel senso che do per scontato che il nostro, qui sulla terra, nel bene e nel male, non sia che un misero microscopico passaggio in confronto a quella che sarà la vera Vita! Quella vita che Dio ci ha preservato nell'eterna Bellezza. E se poi penso alle parole di Gesù quando disse che «l'uomo non è padrone neanche di uno solo dei capelli che porta in testa», non posso che essere d'accordo con chi la difende, la vita.
Ammiro quindi Giuliano Ferrara per le sue battaglie a favore della vita e spero, pur comprendendo il suo stato d'animo, signor Englaro, che le bottiglie d'acqua in piazza del Duomo aumentino. Aumentino per far aumentare il dubbio. Il dubbio in coloro che credono di non avere dubbi e quindi di scartare a priori la possibilità di un'altra vita oltre quella terrena. Una vita diversa dove non ci sono bugie e incidenti ma solo gioco e Amore. Quell'amore che la sua amata figlia non ha fatto in tempo a conoscere. E qui, solo per un attimo, vorrei mettermi nei panni di chi non crede ed è amareggiato per la triste sorte di una figlia. Così mi chiedo se qualche volta, specie in casi come questi, a uno che non crede possa venire il dubbio, che magari potrebbe esserci davvero un qualcosa che va oltre l'aridità di questo attimo fuggente trascorso sulla terra. E allora, come padre, mi domando: forse Eluana vuol dirmi di non prendere in considerazione ciò che mi chiese in un momento di spensierata giovinezza?... Forse nei luoghi dove si trova ora non soffre e magari già intravede le meraviglie del cielo?... E se, contrariamente all'apparenza, si trovasse invece in uno stato di grande serenità, in attesa del trionfale ingresso nella vita celeste? O forse, chissà, di un ritorno a questa, di vita?... E poi ancora, la cosa che più di tutti mi domanderei: e se fossi proprio io a rattristare il suo animo, per il gesto che suo padre sta per compiere?... Certo mi rendo conto che è facile parlare per chi è al di fuori della tragedia, e io mi scuso per questo, signor Englaro. Ma la mia vuole essere in qualche modo una parola di aiuto, per chi si trovasse nella sua situazione. A volte i miracoli succedono proprio quando meno te l'aspetti. Forse Eluana ha bisogno della conversione di suo padre per far sì che la sua dipartita da questo mondo avvenga in modo spontaneo e senza alcuna interruzione. O addirittura che si svegli. Si dice che la fede è un dono. Perché solo attraverso la fede succedono le cose più grandiose, e io dirò una preghiera per lei.
Nessuna pietà
13.7.08
12.7.08
«L’agonia di Eluana sarà lunga e dolorosa»
da www.avvenire.it
Il neurologo che ha visitato la giovane: sta bene, per spegnersi impiegherà almeno 15 giorni
Lo assicura Giuliano Dolce, 80 anni, direttore scientifico della clinica Sant’Anna di Crotone, scienziato di fama internazionale, uno dei luminari italiani nella cura degli stati vegetativi. Il quale precisa: «Non parlo per sentito dire. Ho visitato Eluana lo scorso gennaio, d’accordo con la famiglia e i legali. Ho visto che è stata curata bene e con molto affetto dalle suore. Per questo affermo che, quando le verrà tolto il sondino per l’alimentazione, ci vorranno almeno due settimane prima che arrivi la morte. Il suo sarà un viaggio lungo, come accadde per la povera Terry Schiavo negli Stati Uniti qualche anno fa ».
Una persona in coma soffre se le viene tolta l’alimentazione?
«Si, la sofferenza fisica è scientificamente provata nei pazienti in stato vegetativo. L’incredibile sentenza del tribunale di Milano presenta comunque diversi aspetti contraddittori dal punto di vista medico » .
Quali?
«A mio avviso la contraddizione scatta nel punto in cui viene comunque imposta, oltre che un’indispensabile umidificazione frequente delle mucose con l’ovatta bagnata sulle labbra, anche una somministrazione di ' sostanze idonee ad eliminare l’eventuale disagio da carenza di liquidi'. Tradotto, la paziente deve essere idratata per evitarle sofferenza. Quindi non morirà di sete, ma di fame. E voglio vedere dove troverà un posto che la ospiterà pr morire. Non è un caso di eutanasia, perché, ad esempio, in Olanda si essa viene praticata su un malato che soffre molto e negli ultimi giorni della sua esistenza e ne fa richiesta. Questo è un omicidio e dal punto di vista deontologico per un medico è inaccettabile » .
Il punto è: alimentazione e idratazione sono o no un atto terapeutico?
«No. In Francia e Germania sono un atto dovuto per legge. In Italia la legge la sta facendo il tribunale di Milano e non il Parlamento e contrasta con quanto deciso dalla Commissione nazionale di bioetica. Eluana è come un neonato: se le togli il latte muore perché non è in grado di alimentarsi da sola. Come si può dire che nutrirla è un atto di cura? Clinicamente non è malata, è un paziente guarito con difetto » .
Cosa significa?
«La ragazza è in coma per una cerebropatia grave causata da un incidente stradale. Dopo un anno in medicina chi sopravvive è considerato clinicamente guarito. Quindi non viene più curato, ma sottoposto a nursing, cioè alla nutrizione, alla riabilitazione passiva quotidiana e alle cure che prevengono, ad esempio, le piaghe da decubito. Ma è guarito con difetto, nel suo caso gravissimo, perché non ha ripreso coscienza. Quindi va considerata una disabile, probabilmente sulla frontiera estrema della disabilità. La sentenza si basa sulle teorie di chi sostiene che la vita in stato vegetativo sia peggiore della morte. Invece per me, che mi occupo di questi pazienti da molto tempo, è vita vera. Al momento la donna ha una sua vita sociale, è assistita da una suora che le vuole bene e che quando la ragazza se ne andrà probabilmente soffrurà moltissimo. La famiglia e gli amici la vanno a visitare, le fanno sentire affetto, non è sola. Non ci manda segnali, ma chi sa cosa prova in silenzio davanti a questo amore? » .
Possono provare emozioni i pazienti
«Certo. A Crotone, in 12 anni abbiamo verificato le alterazioni provocate dall’ascolto della voce della mamma. In altri casi arrossiscono. Dipende dalle loro condizioni » .
Eluana Englaro è in stato vegetativo da 16 anni. C’è un limite temporale oltre il quale non ci si risveglia?
«Non si può dirlo con cognizione scientifica. All’ultimo convegno mondiale sui danni cerebrali di Lisbona, in aprile, è stato citato il caso di un paziente statunitense che si è risvegliato dopo 18 anni. In letteratura ci sono molti esempi di persone risvegliatesi dopo molto tempo. Superati i primi due anni di coma, si può sopravvivere a lungo. È superato il termine di stati vegetativi ' permanenti' usato nella sentenza milanese, la definizione corretta è ' persistenti'. Perciò per la nostra professione l’esecuzione della sentenza è pericolosa, perché potrebbe lasciare a qualcuno, medico o giudice, il potere di stabilire quando finisce la vita, varcando frontiere etiche e di civiltà » .
Quanti sono i pazienti in stati vegetativo in Italia?
«Diverse migliaia, impossibile stabilirlo in mancanza di una banca dati. Nel 2005 erano 2500, un terzo bambini. L’incidenza è di 1800 nuovi casi all’anno.
Lei fa parte di un’associazione di bioeticisti laici e cattolici, «Vi.ve», vita vegetativa. Cosa farete?
«Prima di tutto faremo appello al procuratore generale della repubblica di Milano perché presenti ricorso contro la sentenza. Poi utilizzeremo tutti gli strumenti giuridici disponibili contro il medico che eseguirà la sentenza » .
Il professore Giuliano Dolce è un luminare nella cura degli stati vegetativi. La giovane lecchese, spiega, morirà di fame e il dolore fisico in questi pazienti è dimostrato in maniera scientifica.
Questo, conclude, è omicidio
Vescovo Mantova al padre: Lasciala viva a chi la ama
da www.ansa.it
Busti ricorda che quando era parroco di San Nicola a Lecco spesso andava a trovare la ragazza nella clinica Monsignor Talamonti dove è ancora ricoverata. "Eluana - scrive il prelato - è seguita tuttora da una suora che ha ragione quando dice che quando si accarezza il volto di Eluana lei reagisce, e vive per conto suo, senza macchine".
Da qui la proposta del vescovo, una "sfida", come la definisce lui: "Si provi a misurare con le nuove tecnologie mediche se Eluana ha o non ha la capacità di recepire o reagire di fronte a persone che interagiscono con lei. Perché se reagisce e lo si dimostra scientificamente, allora Eluana è una persona viva". "Io non voglio giudicare Beppino - conclude il vescovo - rispetto il suo dolore ma gli dico anche di non caricarsi di un gesto che spaccherebbe ancora di più il suo cuore. Lasci Eluana dov'é, dove chi l'ha seguita e nutrita in questi anni continuerà a farlo ancora con amore".
11.7.08
Non chiamamola eutanasia…
Caro Direttore,
le vicende degli ultimi giorni impongono una certa chiarezza nell’uso dei termini, spesso fonte di una voluta confusione.
Paradossalmente direi per iniziare di non chiamare “eutanasia” quanto proposto per Eluana Englaro; la parola, sebbene appropriata, lascia l’idea di un confronto aperto nel dibattito pubblico, convincendo quindi il singolo cittadino di stare affrontando qualcosa di nuovo, qualcosa su cui pertanto è autorizzato a maturare una propria decisione. Per favore, chiamiamolo “omicidio” (di una persona malata): sull’omicidio pochi pensano di dover elaborare un proprio convincimento.
Non parliamo poi di “situazioni nuove causate dall’impressionante sviluppo della medicina tecnologica” riferendoci a quei dilemmi etici che non sappiamo risolvere a causa dell’impressionante sottosviluppo della nostra coscienza morale. Incapaci di comprendere la giusta grammatica della vita, di fronte al debole, al disabile, al diverso non riconosciamo più la sentenza esatta: “non apprezzo la sua vita” o “non ha prezzo la sua vita”?
Per favore, non chiamiamo Eluana “malata terminale”: Eluana non è terminale, proprio perciò si cerca il modo di terminarla, sospendendole il cibo e l’acqua. Senza cibo ed acqua parecchie persone effettivamente diventano terminali.
E, per favore, non chiamiamola “vegetale”, perché ci sono persone e famiglie che spendono la vita per curare figli, fratelli, parenti o sconosciuti nello stesso stato e non lo fanno per la medesima passione “di chi coltiva l’orto”. Per favore, non offendiamo la dignità di chi riconosce in questi malati la propria stessa dignità. E poi se Eluana non fosse più degna di vivere una vita considerata umana, perché tentare di darle una morte degna e umana?
Per favore, non chiamiamo “accanimento terapeutico” o “alimentazione forzata” il sostegno che le fornisce cibo e acqua: tanti genitori proverebbero insostenibili sensi di colpa e laceranti dubbi morali nello spendere tanto tempo con artificiali cucchiai che volano, rombando come aerei, nelle fauci riluttanti di figli inappetenti.
Per favore, non parliamo di “scelta autonoma” perché qui viene terminato qualcuno proprio perché autonomo non è più: l’autonomia semmai è di qualcun altro che emette sulla ragazza un proprio giudizio di valore. E non diciamo che la scelta va considerata come attuale, autonoma e valida perché fu espressa da Eluana in tempi non sospetti: anch’io avrò detto qualche volta ai miei figli “se un giorno ragiono come i radicali, abbiate pietà, uccidetemi”, ma questo – qualora quel caso pernicioso si realizzasse - non li autorizzerebbe realmente a farlo.
Infine, riconosco il dolore di un uomo distrutto, il buon signor Englaro; la Quercia Millenaria, associazione della quale faccio parte e che Lei direttore ben conosce, vive costantemente l’esperienza del dolore, proprio quello delle coppie che si trovano improvvisamente di fronte un figlio diverso dalle attese. Il figlio immaginato, il “bambino della notte”, la foto incorniciata, cede il posto ad una realtà in apparenza mostruosa. Eppure, aiutate e sostenute, queste persone vivono la loro esperienza come una grazia indimenticabile, come un’unica irripetibile occasione di essere pienamente madri e padri. Comprendo quindi il buon signor Beppino. Ma, in onestà, chiamiamo la sua “una scelta di dolore disperato”. Per favore, non chiamiamola scelta di amore.
Massimo Losito
Docente di Bioetica, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Consigliere de “La Quercia Millenaria ONLUS”
Massimo Losito, Roma
Se siamo in un vicolo cieco, almeno che sia sgombro e in discesa
10.7.08
Non c’è nessuna spina da staccare
Eluana Englaro respira da sola, tolto il sondino morirà di fame e di sete. Non ha espresso volontà in merito, i giudici invitano a dedurle dal suo “vissuto” e dai suoi “convincimenti etici"
23.6.08
16.6.08
13.6.08
iPhone 3G. You'll never walk alone.
Sul sito www.macitynet.it si legge che:
Caro Steve, stai cominciando ad esagerare...
Qui un interessante articolo sul colosso Google-Yahoo appena costituito dal sapore fortemente Orwelliano.
9.6.08
CONCERTO CeT al PICCOLO TEATRO di Milano!
Giovedì 12 giugno alle ore 21,30
si terrà al PICCOLO di Milano un concerto del coro CeT.
L'ingresso è libero. Accorrete numerosi!
www.corocet.it
Radiohead Nude "Remix"
Big Ideas (don't get any) from James Houston on Vimeo.
Rumori di tutti i giorni. Ogni cosa racchiude in sè un infinito nascosto.
Ascoltare per credere (dal minuto 1:08)
6.6.08
GREATER
da: ilsussidiario.net
Rose ha il volto scavato dalla fatica, ma lo sguardo lieto di chi ha speranza. Le sue parole, i suoi sorrisi, i suoi gesti ci introducono nella vita delle donne e dei bambini di Kampala, toccati da quel male che in Africa assume sempre più i connotati di una strage, l'HIV.
Ma è lei, "zia" Rose, "mamma" Rose, come la chiamano nel villaggio, la vera protagonista di "Greater-Defeating HIV", il documentario scritto e diretto da Emmanuel Exitu, vincitore a Cannes del premio Babelgum (premiato in persona da Spike Lee).
Un protagonismo discreto, deciso ma mai autoreferenziale, una donna conscia dell'importanza del suo ruolo come fondatrice del Meeting Point, ma anche del fatto che, come lei stessa dice, la felicità per queste persone è oltre l'orizzonte dell'aiuto che l'associazione può dare. Un aiuto che è innanzitutto un'educazione che porta addirittura queste donne e questi bambini, che agli occhi del mondo sono solo i "poveri" da "compiangere" e da "aiutare", a farsi donatori a loro volta quando, è il momento più toccante del film, lavorano per sostenere i superstiti dell'uragano Katrina, a New Orleans, dall'altra parte del mondo.
Un esempio, il loro, che diventa insegnamento per noi che, come conclude Rose, possiamo "imparare a commuoverci" da queste misere e imponenti vite.
21.5.08
19.5.08
13.5.08
CONTACT. La fede come metodo di conoscenza.
Kitz: Then why don’t you simply withdraw your testimony and concede that this journey to the center of the galaxy, in fact, never took place?!
Ellie: Because I can’t. I had an experience. I can’t prove, I can’t even explain it, but everything that I know as a human being, everything that I am tells me that it was real. I was part of something wonderful, something that changed me forever; a vision of the Universe that tells us undeniably how tiny, and insignificant, and how rare and precious we all are. A vision that tells us we belong to something that is greater than ourselves. That we are not, that none of us are alone. I wish I could share that. I wish that everyone, if even for one moment, could feel that awe, and humility, and the hope, but... that continues to be my wish.
dal film "Contact".
Luigi Giussani, Si può vivere così?
28.4.08
Non siamo orfani
23.4.08
ORSI E RIMORSI
21.4.08
Verità e Libertà
La manipolazione della verità distorce la nostra percezione della realtà ed intorbida la nostra immaginazione e le nostre aspirazioni.
Ho già menzionato le tante libertà di cui voi per vostra fortuna potete godere. L’importanza fondamentale della libertà deve essere rigorosamente salvaguardata. Non è quindi sorprendente che numerosi individui e gruppi rivendichino ad alta voce in pubblico la loro libertà. Ma la libertà è un valore delicato.
Può essere fraintesa o usata male così da non condurre alla felicità che tutti da essa ci aspettiamo, ma verso uno scenario buio di manipolazione, nel quale la nostra comprensione di noi stessi e del mondo si fa confusa o viene addirittura distorta da quanti hanno un loro progetto nascosto.
Avete notato quanto spesso la rivendicazione della libertà viene fatta, senza mai fare riferimento alla verità della persona umana? C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità – o meglio, della sua assenza – si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. È ciò che chiamiamo relativismo.
Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente, al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. È la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci.
Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: Gesù Cristo. È questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di “disimpegno da”. È una scelta di “impegno per”; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’ “essere per gli altri” di Cristo (cfr Spe salvi, 28).
Benedetto XVI
discorso tenutosi al Seminario di Saint Joseph, Yonkers, New York Sabato, 19 aprile 2008
Qui il testo completo
© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana
18.4.08
Occhi di Tigre
Nella nostra tradizione, anche prima del dopoguerra, per molti secoli, c’è stato un motivo di impegno ben più forte della stessa fame, che ha reso il nostro popolo appassionato alla realtà e capace di affrontare anche la fame. E’ stata quella fede cristiana che aiuta a scoprire la bellezza del reale, pur in mezzo a tante difficoltà e contraddizioni, che spinge a valorizzare ogni piccola possibilità per migliorare la propria condizione di vita attraverso il lavoro, che considera unica e irripetibile ogni persona, che apre al sacrificio di se stessi a vantaggio di chi si ama e del proprio popolo. E’ stata, ancora, quella passione ideale per la giustizia e per il progresso, che ha permesso di costruire condizioni di vita più dignitose per sé e per i propri simili. Contrariamente a quanto ripetono gli intellettuali che invocano il definitivo sradicarsi dalla nostra storia, solo riprendendo a vivere in modo critico e attuale questa fede o questa passione ideale, possono rinascere in noi “occhi di tigre” capaci di farci iniziare di nuovo a lottare senza dormire su allori che non ci sono più. Un’educazione a questa posizione umana è ciò che è più urgente: senza di essa poco potrà il desiderio di cambiamento che queste elezioni hanno messo in luce.
Giorgio Vittadini - Presidente Fondazione per la Sussidiarietà
da www.ilsussidiario.net
Perfetto buonumore. Perfetta amarezza
Oggi scrivo io. Scrivo alle amiche e agli amici che hanno speso il loro tempo, il loro denaro, le loro energie, la loro faccia nella battaglia elettorale per la vita e contro l’aborto. Li ringrazio e voglio loro un gran bene. So che continueranno come continuerò io a pensare le cose che ci siamo dette in tante riunioni belle e che valeva la pena di tenere. Ci siamo detti che altri fanno giustamente la campagna elettorale per vincere le elezioni e noi, invece, ci siamo presentati alle elezioni per fare la campagna culturale contro il maltrattamento e la disumanizzazione della vita, tema buono per il secolo: per questo eravamo e ci consideravamo bizzarri, ed era vero. Scrivo nel segno del perfetto buonumore e di una perfetta amarezza: il buonumore è per la buona battaglia, che continua, l’amarezza è per il disastro nelle urne. La sconfitta è indubitabile, la si deve riconoscere senza riserve, senza rifugi, senza vittimismi e senza sentimentalismi. In altro contesto e totalmente diverso, beffardo e tutto e solo politico-moralistico, feci così anche nel Mugello, dove certo non ero andato a sfidare l’eroe di mani pulite per un seggio di senatore nel luogo politicamente più blindato d’Italia, e altrettanto in solitaria: quando si perde si perde, punto e basta, niente scuse. Questione di raziocinio e di stile, due cose importanti. E’ tutta mia, la piccola catastrofe della lista, e lo dico senza alcun narcisismo alla rovescia. Lo dico perché è così. Dopo il gentile rifiuto di Formigoni, una personalità politica assai meno controversa e divisiva di quanto non sia io, più capace di raccogliere uova e bombe carta e sedie che non voti, io che poi non sono da molti decenni un leader politico bensì un chiacchierone e un agitatore professionale, avrei dovuto fermarmi. Dopo lo scaltro rifiuto di Berlusconi, che se si fosse apparentato con me, “Signor Testone”, visti i fatti di campagna e il risultato, avrebbe rischiato grosso, avrei dovuto fermarmi. Parlo della lista, sia chiaro, non delle idee in cui crediamo e che sono lì da elaborare, perfezionare, adattare alla campagna di cultura e di civiltà più importante che mai. Che sono lì e che sono la stoffa di cui sarà fatto il confronto, lo scontro politico e civile dei prossimi anni. Vorrei che questo giudizio non suonasse come la sconfortante presa d’atto di una batosta, come un segno di resa. Perché non è così. Recuperate le forze, con calma e nei tempi lunghi, ma da subito, tutto è ancora da fare, c’è sempre un’intuizione da salvare, un silenzio da rompere, una intera cultura diffusa da scardinare, e anche il tempo rumoroso e inefficace della lista elettorale risulterà tutt’altro che sprecato. Ma della lista come progetto non si può salvare niente. Chiuderò l’associazione che l’ha promossa, il residuo (non molto) di bilancio lo destineremo al centro di aiuto alla vita della Mangiagalli, quello della splendida Paola Bonzi. Le donne e i giovani che hanno fatto bella questa battaglia in tante regioni e città possono cercare di mantenere un coordinamento, se lo credano, o inventarsi qualcosa di nuovo se pensino che c’è stata una semina e si deve raccogliere, oppure possono tornare alla routine, che per molti di loro è un impegno serio e generoso di lunga data sul tema della vita umana. Una cosa è per me certa. Non siamo stati battuti dal destino cinico e baro: siamo stati battuti dall’aborto. Nei tre decenni dalla sua legalizzazione in occidente, l’aborto è diventato un diritto a cui una immensa maggioranza tiene, che pochissimi vogliono vedere messo in discussione in qualunque forma, anche salvando la finale libertà di scelta delle donne, un diritto che risolve situazioni personali e che si incunea negli incubi di gravidanze considerate una malattia e un ricatto della natura, se indesiderate. E’ questa idea, primitiva e barbarica a nostro modo di vedere, che prevale e che si oppone a qualunque forza contraria. Finché si fa campagna culturale, si può sopravvivere a stento a questa spinta difensiva e d’attacco, che naturalmente è fondata anche su un ancestrale senso di colpa, ma buttarla in politica, animare il sospetto che si voglia separare il mondo secolare da questo suo compagno segreto, sia pure nella libertà di scelta, è esiziale. Lo fu nel 1981, in una contesa in cui erano impegnati il Papa e la Dc, lo è stato nella piccola scaramuccia elettorale del 2008, con noi modesti e artigianali protagonisti. E solitari.
Giuliano Ferrara
Il Foglio, 16.04.08
10.4.08
Chiarimenti
Giuliano Ferrara
Il Foglio, 10.04.08
8.4.08
Pare, dico pare...
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
Dante Alighieri, Vita Nuova